di Fulvio De Gregorio
(Presidente del Consiglio Direttivo dell’ENBIC – Ente Bilaterale Confederale)
L’Ente bilaterale confederale Enbic, punto di riferimento della contrattazione in essere tra le organizzazioni della Cisal e le associazioni datoriali Anpit, Cidec, Cepi, Confimprenditori, Pmi Italia, Uai e Unica vuole rassicurare le aziende che applicano i contratti dei settori commercio, servizi ausiliari, turismo e pubblici esercizi, raggruppati impropriamente nel calderone del cosiddetto terziario, che nulla è cambiato a livello normativo.
Le dichiarazioni rese lo scorso 26 giugno 2018 dal sottosegretario al ministero del lavoro, Claudio Durigon, spazzano via ogni dubbio sull’allarme determinato da alcuni passaggi della nota dell’Inl del 20 giugno u.s. che già erano in parte presenti nella circolare dell’Ispettorato nazionale del lavoro n. 3/2018.
Il sottosegretario al ministero del lavoro, Claudio Durigon, così si esprime infatti sui contratti stipulati da Anpit unitamente alle altre associazioni datoriali firmatarie sopra richiamate: «In questi anni avete stipulato, nel pieno rispetto delle leggi vigenti e della costituzione, una contrattazione collettiva nazionale con la Cisal (confederazione sindacale dichiarata comparativamente più rappresentativa dalla presidenza del consiglio dei ministri e membro del Cnel) che ha saputo guardare con grande attenzione alle evoluzioni del sistema economico nazionale e globale e conseguentemente alle evoluzioni normative, offrendo un contributo importante al sistema delle relazioni industriali».
Niente di più vero!
Attualmente è pacifico che tutti i contratti di lavoro stipulati tra organizzazioni sindacali dei lavoratori e associazioni datoriali siano validi ed efficaci per il nostro ordinamento giuridico e che tutte le aziende siano libere di applicarli nel rispetto, ovviamente, dell’art. 36 della Costituzione (retribuzione sufficiente) e delle leggi che regolano la contribuzione e la fruizione di benefici fiscali. Per maggiore chiarezza va detto che sia la Fondazione studi consulenti del lavoro, sia successivamente illustri giuslavoristi ed esperti della materia (vedasi articoli pubblicati sul nostro sito) avevano già mosso fondate critiche alle argomentazioni dell’Inl, ritenendole inappropriate rispetto al dato normativo, arrivando a prevedere l’apertura di un fortissimo contenzioso, in quanto solo l’attuazione dell’art. 39 della Costituzione, attraverso una legge approvata dopo avere sentito tutte le parti sociali, consentirebbe di individuare, sia le associazioni comparativamente più rappresentative. sia eventuali contratti «leader».
Del resto è certo che la questione della maggiore comparatività delle associazioni sindacali e datoriali, in assenza di un provvedimento legislativo, non possa trovare soluzione, come pure è chiaro che un contributo (pur non risolutivo ed esaustivo) possa attualmente rinvenirsi solo nell’esito della procedura seguita dal ministero del lavoro per scegliere le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative oggi presenti nel Cnel, cioè le Confederazioni sindacali Cgil, Cisal, Cisl, Ciu. Confedir, Confsal, Ugl e Uil. Non vi è dubbio che esista infine una obiettiva difficoltà nell’individuare il contratto «leader» di settore, non solo per l’assenza di dati numerici certi e insindacabili, ma anche per il fatto che la definizione del settore non può essere demandata ad accordi tra le parti interessate, ma deve essere demandata ad una legge.
È opportuno al riguardo precisare che la mancata applicazione da parte delle aziende del contratto «leader» è pienamente legittima e non impedisce comunque la fruizione dei benefici per l’apprendistato, né potrebbe comportare sanzioni nel caso la legge parli di deroghe consentite genericamente alla «contrattazione collettiva» o faccia semplicemente riferimento alle «organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative», com’è il caso di alcuni istituti regolati dal dlgs 81/85.
A giudizio di tutte le parti che sostengono la contrattazione che ruota intorno all’Enbic, un primo passo per giungere a regole certe contro il dumping contrattuale è quello di stabilire per legge il salario minimo garantito in attuazione dell’art. 36 della Costituzione, così come previsto dal programma dell’attuale governo.
Ci auguriamo, infine, che il ministro Di Maio riceva al più presto tutte le parti sociali, presenti o meno nel Cnel, per fermare iniziative anomale che rischiano di creare delle crisi occupazionali irreversibili, aggravando la drammatica situazione del paese e del sud in particolare.